Il quartiere come occasione di urbanità. L’esperienza olandese di Bakema e van den Broek
Numerosi quartieri costruiti in Europa dal secondo dopoguerra hanno cercato di rispondere alla crescita demografica costruendo nuovi spazi urbani attraverso un uso della forma che non sempre è riuscita a declinare la piccola scala dell’abitare con quella più ampia in rappor- to al territorio. L’immagine che ne è derivata è stata quella di megastrutture mancanti della scala umana, sperimentazioni formali che hanno spesso portato alla costruzione di ghetti sociali, luoghi problematici dell’abitare e ferite ancora aperte nel corpo della città. Al contrario, gli interventi progettuali di Bakema e van den Broek, costruiti nel territorio olandese negli stessi anni, rappresentano ancora oggi spazi abitati di qualità, in quanto sono riusciti a condensare le diverse scale dell’abitare in un elemento urbano ripetuto e variato per generare una forma insediativa: l’unità minima complessa. Quali sono le differenze tra i diversi quartieri? In che modo la cultura condivisa del movimento moder- no è riuscita a produrre episodi così distanti? Questo articolo cerca di mettere in risalto, attraverso l’analisi dell’esperienza dei due architetti olandesi, uno strumento progettuale ancora in grado di generare qualità dello spazio urbano e di individuare una potenziale strategia di intervento nella città contemporanea.